“Cara Amazzonia”

È uscita la lettera di Papa Francesco in seguito al Sinodo sull’Amazzonia dei mesi scorsi. Ci abbiamo trovato tante conferme al nostro lavoro:

  • Non ci serve un conservazionismo «che si preoccupa del bioma ma ignora i popoli amazzonici» (par. 8)
  • «Si possono cercare alternative di allevamento e agricoltura sostenibili, di energie che non inquinino, di risorse lavorative che non comportino la distruzione dell’ambiente e delle culture. Al contempo, occorre assicurare agli indigeni e ai più poveri un’educazione adeguata, che sviluppi le loro capacità e li valorizzi» (par. 17).

E degli inviti a stare all’erta:

  • «Non possiamo escludere che membri della Chiesa siano stati parte della rete di corruzione, a volte fino al punto di accettare di mantenere il silenzio in cambio di aiuti economici per le opere ecclesiali. Proprio per questo sono arrivate proposte al Sinodo che invitano a “prestare particolare attenzione all’origine delle donazioni o di altri tipi di benefici, così come agli investimenti fatti dalle istituzioni ecclesiastiche o dai cristiani” ». (par. 27)
    Noi non abbiamo mai percepito rischi di questo tipo. La nostra povertà ci è stata finora “madre e muro”, come ha ricordato il Papa, ma meglio vigilare.
  • «Il dialogo non solo deve privilegiare la scelta preferenziale per la difesa dei poveri, degli emarginati e degli esclusi, ma li considera come protagonisti. Si tratta di riconoscere l’altro e di apprezzarlo “come altro”, con la sua sensibilità, le sue scelte più personali, il suo modo di vivere e di lavorare. Altrimenti il risultato sarà, come sempre, “un progetto di pochi indirizzato a pochi”».

Non è una lettura leggera, ma vale la pena. Se alcune sottolineature possono sembrare esagerate a noi italiani, tenete conto che qui il capitalismo mostra spesso la sua natura più rozza e miope. In nome del profitto abbiamo visto (anche in questi anni) disastri ambientali e umani inimmaginabili.